La transizione energetica non è “compito” delle sole grandi imprese, riguarda tutti noi, l’agire quotidiano; a guardarla da vicino, essa rappresenta anche qualcosa in più: l’opportunità di alimentare il mercato del lavoro e soprattutto la possibilità di favorire l’inclusione femminile, delle minoranze e dei flussi migratori.
L’evento di lunedì 16 settembre, dal titolo “Nello Spirito di Laudato Sì. Verso COP29: transizione energetica come opportunità di inclusione sociale e lavorativa”, promosso dalla Fondazione MAIRE insieme all'Ambasciata del S.M. Ordine di Malta presso la Santa Sede, nella splendida cornice di Casa Litta-Palazzo Orsini, sede dell’Ambasciata, ha posto al centro delle riflessioni la profonda connessione tra le paole del Santo Padre nella Sua Enciclica Laudato Sì e la transizione energetica, intesa come evoluzione culturale, sociale, economica ed ambientale che rappresenta la più attuale e complessa sfida dell’umanità. “Sappiamo che le cose posso cambiare”, dice il Pontefice riferendosi al cambiamento climatico e al rischio che esso rappresenta per l’umanità, “dobbiamo riconoscere la grandezza, l’urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta”.
“Con il richiamo diretto all’Enciclica Laudato Sì, la Fondazione MAIRE sottolinea ed evidenzia il legame originale e vivo tra il Magistero della Chiesa e lo sforzo di una grande impresa per la tutela del Bene Comune. È un fatto nuovo e importante.” Con queste parole apre l’evento il nostro ospite, l’Ambasciatore Antonio Zanardi Landi, sottolineando la forte connessione tra due mondi che possono sembrare agli antipodi, legati invece da uno scopo comune.
Una nuova prospettiva, dalla quale guardare anche la transizione energetica: non più sfida opprimente, ma la migliore opportunità per costruire uno sviluppo umano integrale, una soluzione per creare inclusione delle minoranze e al tempo stesso nutrire il mercato del lavoro. Per costruire tutto questo, serve un più ampio cambiamento culturale, e le imprese possono giocare un ruolo primario nella realizzazione del bene comune, ci racconta il nostro Presidente Fabrizio Di Amato. “MAIRE guida questa trasformazione agendo come abilitatore di nuove tecnologie per la decarbonizzazione e, insieme alla Fondazione MAIRE, attraverso la formazione delle nuove competenze”.
La necessità impellente di formare a livello mondiale milioni di persone con competenze nuove e multidisciplinari volte a sviluppare interventi e soluzioni di mitigazione e adattamento climatico, è confermata dai dati della IEA (International Energy Agency), che parlano di oltre 30 milioni di lavoratori nel mondo necessari nel settore della transizione energetica.
Anche dallo studio condotto lo scorso anno in collaborazione con IPSOS e presentato alla COP28 di Dubai, la ricerca “Climate goals: winning the challenge of climate goals through the creation of skills and competences worldwide”, è emersa chiara la capacità della transizione energetica di rappresentare l’opportunità senza precedenti per la creazione di posti di lavoro e per l’inclusione della popolazione femminile e delle minoranze. La ricerca è attualmente in corso di approfondimento su due nuovi Paesi, Azerbaijan e Kazakhstan, con l’obiettivo di presentare alla COP29 a Baku, una risposta ancora più ampia di quella presentata l’anno scorso, che abbracci 4 Continenti, 12 Paesi e un totale di 2.200 intervistati.
Durante l’evento Fondazione MAIRE ha annunciato anche il lancio del primo bando per borse di ricerca per studi socio-economici aventi ad oggetto il rapporto tra i flussi migratori e la transizione energetica, con l’obiettivo di sviluppare un progetto formativo dedicato, nella convinzione che i flussi migratori possano essere terreno fertile per rispondere all’attuale carenza della forza lavoro nel settore della transizione energetica, sia attraverso la formazione e inclusione nel nostro Paese, sia attraverso la creazione di poli formativi altamente specializzati in loco.
Questo l’impegno concreto della Fondazione MAIRE nella transizione energetica e per la formazione dei giovani, nei quali riponiamo la nostra fiducia. Ingegneri umanisti, o umanisti più ingegneri, che siano promotori del cambiamento nel quale crediamo, e ci cui il Pianeta ha bisogno!
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